La psicocardiologia

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Psicocardiologia: per il cuore, con la mente

di Dott.ssa Alice Giudice, psicologa e psicoterapeuta, servizio di psicologia IEO
Dott. Mattia Giuliani, psicologo ricercatore Monzino
Dott. Paolo Guiddi, psicologo psicoterapeuta, servizio di Psicologia IEO e Monzino

La relazione tra mente e cuore ha radici profonde nella storia dell’uomo: la prima testimonianza dell’importanza del cuore come sede delle passioni e delle emozioni risale infatti al 2500 a.C. (“Il Poema di Ishtar”, uno scritto di origine sumera in cui appaiono “cuori colmi di gioia”).
Tuttavia, per quanto già nell’antichità ci fosse una sorta di comprensione istintiva del legame tra cuore e mente, occorre attendere diversi secoli perché questa relazione venga studiata e compresa anche da un punto di vista scientifico: nel 1628 infatti, il medico William Harvey esplicita che “ogni affetto della mente che sia accompagnato da dolore o piacere, speranza o paura, è causa di un’agitazione la cui influenza si estende al cuore”.

Perché venga effettivamente recepita la sua intuizione, occorrerà però aspettare altri trecento anni. È solo nel 1985, infatti, che lo psichiatra James Walter Jefferson nel suo editoriale “Psychocardiology: Meeting Place of Heart and Mind” – “Psicocardiologia: luogo di incontro di cuore e mente”- spiega la possibile correlazione tra tratti di personalità e patologie cardiovascolari: è il primo a occuparsi delle cosiddette “anxiety syndromes with cardiovascular symptoms”- “sindromi ansiose con sintomatologia cardiovascolare”- utilizzando per la prima volta il termine psicocardiologia.

Oggi la stretta interconnessione tra ansia, depressione e patologie cardiovascolari è ormai comprovata scientificamente per la comorbidità tra patologie cardiovascolari e disagio psicologico.
Nel 2018, Tran e collaboratori hanno pubblicato uno studio condotto in Inghilterra su circa 230.000 pazienti con diagnosi di patologia cardiovascolare: si è evidenziato che in termini di prevalenza la depressione è al secondo posto (23%) e l’ansia al quinto posto (15%), entrambe con una percentuale maggiore dei classici fattori di rischio come iperlipidemia (11,3%), diabete mellito (11,2%) e obesità (10,8%).
Inoltre, è ormai riconosciuto che ansia e depressione agiscono come fattori prognostici negativi, aumentano i tempi di degenza in ospedale, il numero di ri-ospedalizzazioni per eventi cardiaci non fatali, la mancata aderenza alle prescrizioni mediche e riducono la qualità di vita e le capacità di self-care dei pazienti.
Pertanto, è di vitale importanza che le strutture che si occupano di cura e ricerca cardiovascolare affianchino alle normali procedure diagnostiche tutte quelle risorse strategiche che possono aiutare la persona a mantenere il proprio benessere fin dalle visite di pre-ospedalizzazione.

Anche in questo il Centro Cardiologico Monzino è all’avanguardia nella presa in carico dei pazienti con progetti specifici di prehabilitation psicologica, cioè di tutte quelle azioni che il team multidisciplinare mette in atto per sostenere il processo di potenziamento della capacità dei pazienti nell’attivazione delle loro risorse personali e sociali, al fine di aiutarli a prepararsi adeguatamente a tutte le procedure intraospedaliere.

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