Giulia Lovati è una dottoranda SEMM, presso l’Istituto Europeo di Oncologia.
Su cosa si focalizza la tua ricerca? Quali sono gli obiettivi?
Nel mio gruppo di ricerca ci occupiamo principalmente di melanoma, un tipo di cancro della pelle molto aggressivo che ha origine dai melanociti, le cellule pigmentate della pelle che formano i nei. Il melanoma è ancora oggi uno dei tumori tra i più diagnosticati e letali al mondo. La sopravvivenza dei pazienti è inoltre strettamente legata allo stadio del tumore alla diagnosi e si riduce drammaticamente sotto il 25% in caso di melanoma metastatico. Nonostante decenni di sforzi da parte di medici e ricercatori, sono purtroppo ancora molte le sfide da affrontare per garantire ai pazienti una terapia sicura ed efficace. Durante il mio dottorato mi sono occupata della generazione di un nuovo modello tridimensionale di melanoma che possa rappresentare meglio quello che avviene nei pazienti. In particolare, stiamo concentrando i nostri sforzi per apprendere come i diversi tipi di cellule che compongono il microambiente tumorale, possano contribuire allo sviluppo e alla progressione del cancro stesso. Quello che abbiamo potuto finora osservare è come alcune di queste cellule siano effettivamente in grado di rendere il melanoma ancora più aggressivo e di favorirne le capacità metastatiche. L’obiettivo principale della mia ricerca è di sfruttare questa conoscenza per impedire al melanoma non solo di crescere, ma soprattutto di sviluppare metastasi ed attaccare gli altri organi. Purtroppo, le metastasi sono infatti ancora la prima causa di morte tra i pazienti oncologici, indipendentemente dal tipo di tumore.
Da quanto tempo ti occupi di Ricerca e come mai sei diventato un ricercatore?
Ho avuto la fortuna di potermi occupare di ricerca già durante il tirocinio della laurea triennale, presso l’Istituto Clinico Humanitas per poi proseguire durante l’anno di tirocinio della magistrale e con il dottorato di cui sto concludendo il terzo anno, il mio quarto allo IEO.
Forse suonerà banale, ma ho sempre sognato di fare la ricercatrice. Ad una recita in quarta elementare interpretavo uno scienziato in grado di curare il raffreddore, non sapendo ancora che fosse quasi impossibile. Alle scuole medie sono stata folgorata dall’immagine di un globulo bianco nell’atto di attaccare un patogeno, ricordo l’immagine del libro di scienze in basso a sinistra come se fosse ora. Alle superiori ho partecipato a lezioni di immunologia all’università e svolto un tirocinio in un laboratorio di microbiologia. Nel corso degli anni ho divorato decine e decine di documentari su ogni aspetto scientifico, dalla paleontologia, al mondo animale, all’astronomia. Quando ho finalmente potuto decidere cosa diventare da grande, non avevo dubbi. Non ho scelto io la scienza, la scienza ha scelto me e tutt’oggi per me non esiste nulla di più affascinante (non ditelo a mio marito).
Quanto è importante il sostegno dei nostri donatori?
Nel nostro campo il sostegno dei donatori è determinante, soprattutto in Italia. Molto spesso è proprio grazie al supporto dei donatori che possiamo svolgere il nostro lavoro, anche in importanti istituti di ricerca quale lo IEO.
Quanto è importante avere fiducia nella Ricerca?
Aver fiducia nella ricerca, significa avere fiducia nei ricercatori e speranza in un futuro migliore. Lavoriamo per gli altri, molto più che per noi stessi. Sentire e sapere di avere la fiducia delle tante persone che ci supportano non solo è gratificante, ma anche responsabilizzante. Sappiamo di doverci guadagnare ogni giorno la fiducia di chi è al di fuori del nostro ambito e ci impegniamo al massimo per far valere i nostri sforzi, ma è di grande importanza continuare a sentire che qualcuno crede in noi e nei nostri progetti.
Che ruolo ha la condivisione dei percorsi e dei risultati nella tua vita professionale?
Fondamentale, nessuno di noi sarebbe in grado di svolgere il proprio lavoro al meglio senza poterlo condividere. La condivisione dei dati e il confronto con gli altri ricercatori sono importanti non solo per la parte tecnica, nella risoluzione dei diversi problemi sperimentali, ma soprattutto per comprendere se il progetto stia effettivamente andando nella giusta direzione, evolvendosi verso l’obiettivo desiderato. La scienza è fatta per essere condivisa e messa in discussione, proprio per fare in modo che i risultati ottenuti siano il più possibile veritieri e solidi. Le opinioni costruttive dei colleghi, sia all’interno che all’esterno del gruppo, permettono al progetto di maturare e concretizzarsi, tanto quanto al ricercatore che lo segue di crescere professionalmente e personalmente, con un costante miglioramento.