Ci puoi spiegare la tua ricerca e quali sono gli obiettivi finali?
Il mio gruppo di ricerca studia il melanoma, la forma più aggressiva di cancro della pelle. Questo deriva dai melanociti, le cellule che compongono i nei e producono la melanina. Purtroppo, nonostante i numerosi studi, questo tipo di tumore risulta tutt’ora uno dei più diagnosticati e letali, con una percentuale di sopravvivenza che scende sotto al 25% nei pazienti affetti dalla forma metastatica.
Per tutto il corso del mio dottorato, la mia ricerca si focalizzerà sullo studio e la comprensione del processo metastatico. Il melanoma è un tipo di tumore molto plastico, che facilmente si adatta al suo ambiente circostante per colonizzare nuovi siti. Per questo motivo riteniamo molto importante capire come ogni singola cellula che lo compone, muti per diventare più invasiva e formare una metastasi, e come le cellule del nostro corpo vengono portate ad aiutarlo in questo processo. Per effettuare questo studio, abbiamo dotato le cellule tumorali di “codici a barre”, per identificare ogni singola cellula e la propria progenie. Per quello che abbiamo potuto osservare finora, le metastasi sono costituite non da una popolazione mista contenente tutte le cellule originali, bensì dalla progenie di una piccola parte di cellule, che riescono a colonizzare vari organi. L’obiettivo ora sarà capire quali caratteristiche conferiscono a queste cellule la capacità di metastatizzare e come vengono aiutate dal microambiente tumorale, per poi contrastarle in maniera specifica.
Ci racconti del tuo team? Avete l’occasione di condividere ciò che viene scoperto anche a livello nazionale e internazionale?
Il nostro è un team tutto al femminile, con cui ho la fortuna di potermi confrontare ogni giorno su ogni aspetto del nostro lavoro. Ogni settimana organizziamo riunioni per poter discutere i dati di tutto il laboratorio e anche a livello di istituto le occasioni per confrontarsi con altri ricercatori di certo non mancano. In più capita di partecipare a vari congressi, anche internazionali, in cui possiamo esporre i nostri dati e ricevere un riscontro da ricercatori di tutto il mondo, oltre a rimanere aggiornati sulle nuove scoperte.
Qual è stato il momento in cui hai deciso di diventare una ricercatrice?
Anche se può sembrare banale, mi sono sempre immaginata ricercatrice. Quando alle elementari ci hanno chiesto di disegnare noi stessi e la nostra futura professione, ricordo chiaramente la futura me del mio disegno in piedi di fianco a un microscopio, indossando un camice. Ho sempre amato guardare documentari e leggere libri su ogni tipo di argomento scientifico e nel corso degli anni ho persino frequentato un campo estivo a carattere scientifico. Quando poi è stato il momento di scegliere il mio percorso, non ho avuto dubbi e ringrazio anche la mia professoressa di biologia del liceo per avermi incoraggiato ad intraprendere questa strada.
Perché è così importante ricevere una borsa di studio come quelle della Fondazione IEO-MONZINO ETS?
La ricerca ha permesso negli ultimi anni di fare enormi passi avanti nella comprensione e cura di molte malattie. Tra queste il cancro, che resta tuttora una delle più letali e diffuse. Tuttavia, grazie agli sforzi dei ricercatori sono stati fatti enormi progressi sia nella prevenzione che nelle terapie, e questo non sarebbe stato possibile senza tutti i donatori che sostengono il nostro lavoro ogni giorno. Così come ogni piccola scoperta ci porta più vicini a nuove terapie, ogni piccola donazione ci fornisce un grande aiuto in questo percorso.
Puoi raccontaci una giornata tipo in laboratorio?
Fortunatamente (o sfortunatamente, dipende dai giorni), le nostre giornate sono sempre diverse e i nostri ritmi dettati non da orari prestabiliti ma dai nostri esperimenti. Spesso infatti capita di dover iniziare molto presto e finire molto tardi, o avere cose importanti e non rimandabili che cadono durante il weekend. Capita anche di lavorare durante le feste, infatti il laboratorio non chiude mai e si incontra qualcuno in ogni momento. Altre volte gli impegni sperimentali si riducono e lasciano spazio a giornate più tranquille in cui si lavora a computer per fare il punto dei risultati ottenuti. Sicuramente, una cosa che accomuna molti ricercatori è la dedizione a questo lavoro, che ci porta spesso a pensare al nostro progetto anche al di fuori del laboratorio.
Come ci si sente quando si scopre qualcosa di nuovo? Chi chiami se dovesse succederti?
È una bellissima sensazione, che aumenta la speranza di poter davvero nel nostro piccolo fare una differenza nella vita di molte persone. Purtroppo non è una cosa che succede spesso, dato che fallimenti e delusioni sono molto comuni, ma questo rende questi rari momenti ancora più belli e preziosi.
Che messaggio daresti ai giovanissimi: consiglieresti questo lavoro e perché?
Questo è un lavoro molto bello e stimolante, che ti permette di imparare e migliorarti continuamente. La vita del ricercatore è piena di alti e bassi, con giornate ricche di piccoli e grandi risultati, ma anche molti fallimenti e sacrifici. L’importante è avere sempre ben chiari i propri obbiettivi e non perdersi mai d’animo.
Cosa vorresti dire ai donatori che ti hanno dato la possibilità di ricevere questa borsa di studio?
Vorrei ringraziarli immensamente per la fiducia che ripongono in noi. Senza persone che credono nel nostro lavoro avremmo pochissime risorse a disposizione.