Puoi spiegarci la tua ricerca? Quali sono gli obiettivi?
Durante il mio dottorato mi sono occupata di glioblastoma ed ho studiato il potenziale terapeutico di una molecola che inibisce l’attività di LSD1, che è un famoso regolatore epigenetico. I nostri risultati hanno dimostrato che questo inibitore riduce la crescita delle cellule staminali di glioblastoma e la loro capacità di autorinnovarsi e di sostenere la crescita del tumore. L’aspetto peculiare del glioblastoma è la sua eterogeneità, che fa sì che il tumore di ogni paziente reagisca diversamente alle terapie. Per questo non ci ha sorpreso aver trovato un sottogruppo di campioni non responsivi. Lo scopo del progetto finanziato dalla Fondazione IEO-MONZINO è quello di capire quali sono i meccanismi molecolari che sostengono questa resistenza. I risultati preliminari di questo studio ci suggeriscono che le cellule resistenti a questo inibitore siano più metabolicamente flessibili, e che questa loro abilità di utilizzare diverse vie metaboliche sia ciò che permette loro di rispondere in maniera efficace allo stress indotto dall’inibitore di LSD1. Comprendere meglio i meccanismi di resistenza ci permetterà di poterla revertire e di permettere ad un numero maggiore di pazienti di poter usufruire, in futuro, di terapie basate sull’inibizione di LSD1.
Da quanto tempo ti occupi di Ricerca e come mai sei diventata una ricercatrice?
Sono entrata in un laboratorio di ricerca per la prima volta nel 2011, durante il tirocinio di tesi triennale, e durante la laurea magistrale ho iniziato ad occuparmi di glioblastoma, su cui ho continuato a concentrarmi anche durante e dopo il dottorato. Ho scelto di fare ricerca perché è una cosa in cui credo profondamente e che ritengo molto stimolante. È un lavoro sempre diverso, che ogni giorno richiede logica e creatività per interpretare i risultati ottenuti e capire quali devono essere le domande successivi e i miglior modi per poter rispondere.
Di cosa ha bisogno oggi un ricercatore come te?
Credo che le difficoltà più grandi che si possano incontrare facendo ricerca non riguardino la ricerca stessa. Durante l’inizio della pandemia di Covid-19, spesso i giornali hanno dedicato articoli al fatto che i ricercatori che stavano portando avanti le ricerche fossero lavoratori precari. Nelle università e nei centri di eccellenza di ricerca italiani si fa davvero ricerca di ottimo livello, ma a causa di questa instabilità lavorativa perdiamo grandi ricercatori e rallentiamo il raggiungimento dei nostri obiettivi.
Quanto è importante il sostegno dei nostri donatori?
Il sostegno dei donatori è vitale per poter sostenere la ricerca, perché rappresenta la maggioranza dei fondi con cui i nostri ricercatori e le nostre ricerche vengono finanziate e con cui possiamo raggiungere dei risultati utili alla lotta contro il cancro.
Quanto è importante avere fiducia nella Ricerca?
La ricerca di oggi è la cura di domani. La qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti di molti diversi tipi di tumori oggi è aumentata grazie al miglioramento delle nostre capacità diagnostiche e terapeutiche, che sono frutto dei risultati delle ricerche degli ultimi anni. Per questo dovremmo avere piena fiducia che la ricerca che svolgiamo oggi, che si avvale di strumenti sempre più avanzati, ci aiuterà sempre meglio a conoscere il cancro, e quindi a combatterlo. Questo è vero per tutti i tumori, e credo lo sia in special modo per un tumore così eterogeneo e mutevole come il glioblastoma
Ci racconti una tua giornata tipo?
Non esiste davvero una “giornata tipo”. Quella scientifica è una comunità che avanza perchè nessun laboratorio va avanti con le proprie forze. Tutti noi basiamo le nostre teorie e i nostri esperimenti sui risultati prodotti da qualcun altro nel mondo, ed è reciproco. Per questo passiamo tanto tempo a fare esperimenti quanto a leggere i risultati delle altre persone, capirli, discuterne con i colleghi e intrecciare collaborazioni con laboratori esterni, italiani e stranieri. Ci sono periodi in cui facciamo tanti esperimenti, ed altri in cui invece bisogna sedersi al computer, fare analisi, studiare, scrivere un articolo o stendere un progetto per accedere ad un possibile finanziamento.
Come ci si sente quando si scopre qualcosa di nuovo?
La vita in laboratorio è molto stimolante, e faccio fatica ad immaginare me stessa fare un altro lavoro, anche se non è sempre facile. Ci vuole tempo per raggiungere un buon risultato, e tantissime volte si sbaglia. Spesso la sera porti a casa solo dubbi e domande, ma quando alla fine il risultato arriva è un’enorme soddisfazione, che penso sia un privilegio poter provare.
Che ruolo ha la condivisione dei percorsi e dei risultati nella tua vita professionale?
Basta guardare quanti sono gli autori di ogni pubblicazione scientifica per rendersi conto che portare avanti una ricerca significa necessariamente fare parte di un gruppo di lavoro in cui ognuno contribuisce in base alle proprie competenze specifiche. Ma i risultati migliori si ottengono quando essere parte di un team significa non solo dividersi il lavoro pratico, ma anche soprattutto ascoltare e condividere diverse idee, che sono il vero motore di ogni nostro progetto.